
Perbacco! Anche stavolta non sono d’accordo con Robert Parker. 85/100 a Leoville Las Cases 1961, uno dei migliori vini che io abbia mai bevuto, sono davvero pochi. In una garetta tra coetanei, Cheval Blanc e Domaine de Chevalier sono usciti con le ossa rotte. Vediamoci chiaro.
La 1961 fu annata gloriosa a Bordeaux e, se escludiamo i Sauternes che hanno visto momenti migliori, un piccolo confronto fra zone diverse può risultare interessante. Da allora molte cose sono cambiate: a quel tempo si vinificava solo in legno e il controllo delle temperature era di là da venire. Gli stessi vini, provati in annate recenti, tracciano un percorso diverso, comunque di innegabile valore. Vediamo come si sono comportati tre campioni dell’invecchiamento di una zona che amo sopra a tutte. E ciccia se non sono à la page.
Chateau Leoville Las-Cases 1961, St. Julien. Questa bottiglia, eccellente ha impiegato parecchio tempo ad aprirsi e non era buona come quella che provai lo scorso anno, quando mi venne la permanente per l’emozione. St. Julien è la mia zona prediletta a Bordeaux e le parole chiave per definirla sono equilibrio e armonia. Leoville Las Cases 1961 (2ème Cru, per quel che conta la classificazione) è la sintesi dell’eleganza tipica dell’area da cui proviene, vicinissima a Latour e caratterizzata, nell’uvaggio, dalla prevalenza di cabernet sauvignon. Il colore è rosso granato abbastanza intenso e il naso, inizialmente un po’ animale, in questo caso svela un frutto netto e preciso con sentori erbacei e di cuoio leggermente affumicati, peperone verde arrostito e una lieve speziatura. La bocca, brillante, corrisponde al naso, non gioca sulla potenza ma sull’eleganza, sulla classe e su uno stile che lo distingue dal resto, con cui si confronta avendo quasi sempre la meglio. Finale lungo, pieno e appagante. Fra i più grandi Bordeaux che io abbia mai bevuto.
Domaine de Chevalier 1961, Graves. Cru classé molto buono, ancorché superato in zona da Haut-Brion, si distingue per l’eleganza e per la sensazione setosa al palato. È l’espressione precisa di Graves, fresco e pulito in bocca, non cede all’ossidazione ma gli manca quella marcia in più che ho trovato in Leoville Las Cases. Sa ancora di lampone (pensate un po’!), ha buona acidità e una trama tannica senza sbavature, non particolarmente fitta ma dolce, morbida ed elegante. Il finale è abbastanza persistente ma con una lieve chiusura amarognola.
Chateau Cheval Blanc 1961, St Emilion. La percentuale di cabernet franc lo marca parecchio, la quota di merlot arrotonda, ammorbidisce, avvolge, avvicinando a Pomerol questo grande vino che, tuttavia, mi ha un po’ delusa. St. Emilion dà vita a vini affettuosi, seducenti, avvolgenti e che coccolano, come questo Cheval Blanc: insomma un vino con le tette, per dirla col poeta. Inizialmente introverso al naso, con un colore fitto, scuro come l’inchiostro, dispiega, invece, una bocca ematica, carnosa, vellutata e incredibilmente giovane. L’attacco è potente, ricco, e centro bocca il vino si allarga e si concede tra sentori di liquirizia e cuoio che non cedono sul finale, lungo e persistente.
Non è mai stato il mio preferito a Bordeaux ma lo riconoscerei fra mille ed è comunque un grande vino, anche se St. Julien è un’altra storia e Leoville Las Cases la racconta molto bene. Se non vi fidate, investite qualche risparmio nell’annata 2000: l’ho provato pochi giorni fa e vi dico che è una gioia per chi ama i grandi vini.