
Cominciamo col commento di Carlin Petrini, che non è poca cosa visto che qualcuno lo vorrebbe prossimo Presidente della Repubblica Italiana: “Non sono mai stato prodigo di complimenti nei confronti della Rai, ma ho visto un’anteprima entusiasmante e dico che di questo programma avevamo bisogno come il pane.”
In effetti era ora che si dedicasse uno spazio del genere al mondo del vino, a più di cinquant’anni da Soldati, un periodo di assenza troppo lungo per un settore così importante per il nostro paese. Talmente rilevante da valere il contributo del Ministero delle Politiche Agricole alla realizzazione del progetto. Grande qualità tecnica nell’esecuzione, peraltro. Le immagini proposte in anteprima a Viale Mazzini durante la conferenza stampa di questa mattina sono bellissime, seducenti, vere, senza tanto trucco e parrucco, così come il montaggio che tiene un ritmo vivace e non si pianta, come spesso accade, invece, in una certa narrazione soporifera. Immagini che avvicinano lo spettatore alla vigna, alla terra che produce quel vino, alla storia del suo produttore e, per una volta tanto, non ci si ferma a roteare un calice per raccontarne i bei sentori di cardamomo e rabarbaro.
Due bravi giornalisti appassionati di vino, Marcello Masi e Rocco Tolfa (con loro ci sarà anche Marco Simonit, “preparatore d’uva”), viaggiano attraverso le campagne italiane, da nord a sud e ci presentano la vita dei produttori, di chi lavora la terra e coltiva la vigna (per ora sappiamo di Angelo Gaja, Arianna Occhipinti e Josko Gravner). Un buon modo per avvicinare il pubblico al lavoro quotidiano dei vigneron italiani, faccenda che non può essere banalizzata.
Tuttavia in più di uno in sala ci siamo chiesti: perché la messa in onda di un programma così opportuno il sabato sera alle 23.45? Beh no, è prevista anche la replica la mattina seguente alle 8.30. Tutto molto bello, ma voglio dire: il sabato a quell’ora a casa a vedere la tele ci sta mio zio Alfio e la domenica alle 8.30 butta un occhio giusto mia zia Concetta dall’ospizio Villa Arzilla. Bah!