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Channel: Cristiana Lauro – Intravino
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“Eccellenza” non fa rima con diritto al cibo, caro Ministro Boschi

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“Eccellenza” non fa rima con diritto al cibo, caro Ministro Boschi

Tutto è iniziato da una dichiarazione del Ministro Maria Elena Boschi a Porta a Porta, la sera prima dell’apertura di Expo. Boschi ha garantito che Expo avrebbe inaugurato con una gran bella figura per il nostro paese, all’insegna di due obiettivi fondamentali: il diritto al cibo e la tutela delle “eccellenze”. Come se i due termini fossero assimilabili.

Slow Food ha fatto di questo controverso accostamento il benvenuto della casa, come del resto Eataly che, a proposito di eccellenze e prodotti artigianali, vende tanta di quella Nastro Azzurro che ci si potrebbero sbronzare sette generazioni di bavaresi, solo che la volessero. Eppure, il matrimonio fra contadini, artigiani e grande industria agroalimentare lo vedo più improbabile delle nozze gay al Vaticano.

Il sacrosanto diritto al cibo ha più a che fare con la parola “fame”, con un bicchiere di latte, che con una scaglia di eccellenza stagionata 60 mesi. “Diritto al cibo” non significa più culatello per tutti. Il frutto di secoli di sapienza contadina è un patrimonio che l’Italia ha il dovere di tutelare, salvaguardare e promuovere. A patto che non arrivino i gastrofighetti a rovinare tutto con idee balzane, magari ispirate da qualche industrialotto che fa pure bella figura e se la cava con due spicci. Un alto livello, anzi il più alto livello qualitativo, ovvero “l’eccellenza”, finisce per direttissima sul bancone delle boutique alimentari e dei ristoranti pluristellati e non fa scopa col diritto al cibo. È un altro paio di maniche e spiace dirlo ma – visto che a parlare era un politico del Pd – non è un concetto di sinistra. Mangiare o fare la spesa in boutique è una botta di culo, non una benemerenza.

Esistono prodotti popolari da tutelare – altro che eccellenze – prodotti accessibili. Fra il diritto al cibo e le eccellenze esiste la qualità diffusa che dovrebbe essere concretamente garantita da informazione seria e controlli rigorosi, fuori dalla fuffa dei roboanti comunicati stampa che han più “splendide cornici” del salotto di mia nonna in cariola.

Il termine “eccellenza”, parola abusata per dare lustro a salami e caciotte, attiene ad ambasciatori e vescovi, un panorama di riferimento assai distante da chi sostiene il diritto al cibo per tutti.

L’eccellenza riguarda la nicchia che va in boutique a comprare il prosciutto (e spesso sceglie quello spagnolo, così come beve vini francesi) ed è più facile che dia valore a un prodotto in base al prezzo che non alla sua provenienza. Diciamo che la nicchia se ne fotte del diritto al cibo (già ce l’ha) anche se giura il contrario e se, per miracolo, le “eccellenze” divenissero realmente a portata di tutti, state certi che da qualche insospettabile voragine uscirebbe un altro termine per classificare il top della qualità, ridefinire la nicchia. Cosa c’è sopra l’eccellenza? L’eminenza? La stratosfera? L’Iperuranio?

Carissimi gastrofighetti, in campana perché il ministro Boschi vuole diffondere le eccellenze, quindi pronti a traslocare nella prossima nicchia.

[Foto: Involtini di peperone]


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